Prime Pagine #1 - Montmorency di Eleanor Updale

Prime Pagine - è una rubrica dove inseriamo le prime pagine di alcuni libri a nostro avviso interessanti. 
Poter leggere le pagine iniziali di un libro permette di farsi un'idea sullo stile dell'autore, sulla storia e sui personaggi. In questo modo si ha la possibilità di scegliere un libro in maniera diversa rispetto alla consueta lettura della trama.


Titolo: Montmorency
Autore: Eleanor Updale

Prezzo: 15,00€
Data di uscita: 5 marzo 2008
Editore: Rizzoli
Pagine: 247
Isbn: 978-8817021340

Trama: Montmorency, raffinato gentiluomo dai modi ricercati. Scarper, ladro astuto e senza scrupoli. Abiti di sartoria e l'elegante suite di un albergo di lusso per il primo; sudici stracci da lavoro e una squallida stanza in una pensione di quart'ordine per il secondo. Due esistenze lontanissime, ma una sola persona a viverle. Perché il confine fra rispettabilità e bassifondi è molto più sottile di quello che si può immaginare. 




Prime Pagine
              Capitolo 1
              1875: Un inizio cruento
« Si svegliò di nuovo per il dolore. Non si trattava di quella pulsazione costante così familiare che ormai non si ricordava nemmeno la prima volta che l’aveva sentita. Era una fitta acuta che partiva dalla ferita lungo la coscia. Il dottor Farcett aveva dovuto scavare in profondità per arrivare all’osso fratturato, e gli strati di punti di sutura tiravano, ora che la carne strappata iniziava a riallinearsi all’interno. Dopo tutte le operazioni che aveva subito per mano del giovane ed entusiasta dottore, Montmorency non avrebbe più dovuto sorprendersi per quel dolore lancinante, ma ogni volta i postumi sembravano peggiori, e i limitati antidolorifici che assumeva (alcolici, e il lusso occasionale di un nuovo gas) meno efficaci.
La candela sul tavolo centrale era quasi del tutto consumata: tra poco sarebbe stata mattina, ma dalle sbarre in cima alla parete non filtrava alcuna luce. Montmorency sapeva che era inutile chiamare la guardia notturna. Marston, silenzioso, immobile e dall’espressione seria, considerava suo dovere nell’ospedale della prigione solo prevenire le fughe. Buffo, considerato che Montmorency non era neppure in grado di rigirarsi nel letto. Tentare una fuga, dunque, sarebbe stato fuori questione. Avrebbe dovuto aspettare al buio l’arrivo dell’infermiera Darnley, una donna brusca ma non cattiva, fermamente convinta che i delinquenti potessero ravvedersi e che dare un sorso d’acqua a un criminale malato fosse il primo passo verso la redenzione.
Nel frattempo, come accadeva spesso, la memoria di Montmorency evocava immagini di un anno prima, della notte in cui era stato arrestato. Era saltato sul tetto della fabbrica come un animale in fuga per la vita. Se non avesse tenuto stretta al petto la borsa con gli attrezzi rubati, probabilmente avrebbe visto il lucernario prima di posarvi sopra i piedi e precipitare verso la struttura di ferro della macchina per la molatura. Ricordava ancora il freddo impatto del metallo contro la pelle, ma poco altro, finché non aveva sentito qualcuno che parlava di lui come se non fosse stato presente.
“Le posso assicurare che non ci sarà bisogno di sovvenzioni da parte dell’ospedale. Provvederò io a tutta l’attrezzatura necessaria e alla supervisione.”
Era una voce che più tardi avrebbe imparato a riconoscere come quella di Robert Farcett, il chirurgo che voleva farsi un nome curando le sue ferite multiple.
Montmorency poteva solo immaginare quello che era successo nel frattempo. Senza dubbio la polizia, trovando il suo corpo accartocciato nella fabbrica, aveva pensato con soddisfazione che era la giusta punizione per il suo crimine. Una morte rapida avrebbe risparmiato al tribunale il disturbo e le spese del suo caso. Ma lui aveva deluso le loro aspettative, e il suo corpo martoriato era stato portato all’ospedale universitario, vicino al ponte, dove il dottor Farcett l’aveva visto per la prima volta. Le ferite erano terribili, ma il corpo sul quale erano inferte era senza ombra di dubbio atletico e forte.
Farcett stava preparando un saggio per il Royal College dei Chirurghi sul trattamento delle ferite multiple. Aveva preso in considerazione la possibilità di fare un viaggio nei Balcani per studiare i feriti di guerra e illustrare così le sue teorie con esempi concreti. Ora, mentre lavorava fino a tardi tra i poveracci di Londra, gli si era presentato il candidato ideale. Senza l’aiuto di Farcett l’uomo sarebbe di sicuro morto. Se fosse sopravvissuto, anche la reputazione di Farcett sarebbe sopravvissuta.
Era dunque così che la relazione tra il dottore e il mucchietto pietoso di vestiti macchiati di sangue era diventata una ricerca. La creatura non morì.
Sopravvisse abbastanza a lungo da diventare un uomo in grado di affrontare un processo. Fu condannato con il nome di “Montmorency”, che il personale dell’ospedale aveva trovato sull’etichetta della borsa degli attrezzi che teneva ancora stretta al petto quando i portantini l’avevano trasportato lì. Due guardie del tribunale avevano dovuto sostenerlo mentre il giudice pronunciava la sentenza. Montmorency diventò il prigioniero numero 493 nel nuovo penitenziario, il cui direttore era affascinato dagli sforzi continui del dottor Farcett per ricostruire il suo corpo. Il direttore e il medico presero l’abitudine di cenare insieme e di discutere di punizioni e salute pubblica; di solito concordavano sulla necessità di combattere il crimine aumentando le opportunità di lavoro e migliorando l’educazione e le condizioni igieniche di quelle famiglie in cui l’ignoranza e lo squallore generavano criminali comuni.
Il dottor Farcett diventò una presenza familiare in prigione, e il direttore gli diede il permesso di portare Montmorency, sempre sotto scorta, a certe riunioni dove eminenti dottori - o aspiranti tali -incontravano scienziati per parlare dei loro successi e confrontarsi con le tecniche pionieristiche di Farcett.
Era durante queste riunioni che Montmorency, seduto quasi nudo sotto una coperta in fondo al palco, imparava insieme ai presenti. Benché ignorato da tutti finché non arrivava il momento di mostrare all’auditorio le sue ferite, ascoltava le novità sui progressi in medicina, ingegneria, matematica e filosofia naturale. Era, di indole, un ladro, e un ladro rimaneva anche in quelle occasioni. Senza tasche dove infilare il suo bottino, rubava idee e fatti, memorizzando i dettagli di ogni conferenza. Non aveva un piano per mettere a frutto quelle informazioni: lo interessavano, ecco tutto, e gli davano qualcosa a cui pensare nelle lunghe ore di lavoro ingrato nell’officina della prigione, o di ozio nell’infermeria dopo le operazioni del dottor Farcett.
Mentre giaceva al buio in preda al dolore, in quella mattina scura e fredda, Montmorency ripensava alla presentazione lunga, e per lui piuttosto movimentata, dell’Ingegnere Capo della Commissione dei Lavori di Londra. All’improvviso gli venne un’idea. Quando l’infermiera Darnley arrivò con una tazza di latta tutta ammaccata, aveva già elaborato un piano che avrebbe cambiato la sua vita. »




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